Un gruppo di ricercatori ha calcolato il numero di qbit necessari ad un quantum computer per violare, in tempo utile, la firma con chiave pubblica delle operazioni su Bitcoin ed è risultato essere 317 × 106 qubit quando il più grande quantum computer attuale (IBM) ne ha 127.
Fa notare Bruce Schneier che il problema non si presenterà a breve, ma neanche lontanamente a breve.
Non fatevi ingannare dal fatto che stiamo parlando di violare Bitcoin e voi non ne avete: si tratta di un esempio pratico particolarmente calzante per quantificare la situazione di pericolo per la crittografia a chiave pubblica. La vulnerabilità nelle transazioni di Bitcoin è limitata in un arco di tempo di una decina di minuti. Bitcoin usa la crittografia ellittica a 256 bit per la firma dell'operazione e se si riesce a violarla tra il momento in cui viene generata e spedita a tutti la transazione e quando viene accettata (quei famosi circa 10 minuti) risulta possibile violare la transazione.
Il punto che interessa tutti è che la crittografia ellittica è una delle migliori disponibili e, anche per operazioni importanti come i pagamenti online, ne vengono usate di meno robuste quindi l'intera sicurezza della nostra vita online dipende da questa lotta tra crittografia e violazione della stessa con un quantum computer.
Nel frattempo i crittologi non stanno a grattarsi i pollici: sono da tempo al lavoro per un nuovo algoritmo resistente ad attacchi portati con quantum computer.